Critiche
Prof. Eraldo di Vita
Il colore nasce dalla luce, che percorrendo le vie nervose giunge al cervello, dove nasce l’impressione cromatica e sensoriale. Mario Passarello conosce bene l’origine e gli effetti del colore e lo rende forte, intenso, creando forme sempre in movimento, piene di vibrazioni, che provocano le emozioni più varie, in quanto ciascun individuo percepisce il colore in modo differente. Passarello sa benissimo che il colore, oggi come ieri, ha un ruolo determinante nella vita, negli stati d’animo, nella comunicazione e nella genesi delle idee. L’arte di Passarello è emozionale, sentimentale: si tratta di pittura in movimento, perchè tutto scorre e passa veloce, come la vita stessa. Questo poeta della pittura dipinge l’infinito, il suo mondo intero ed interiore e cerca di trasmetterlo con forza all’osservatore. I quadri di Passarello sono come riflessi in specchi che prendono vita e si muovono indipendenti dall’immagine, ma come nel ritratto di Dorian Gray siamo noi inconsapevolmente consci del nostro mutamento. Ecco come le tele di Passarello diventano giochi di colore, miscugli di materie, un flusso che palpita e sussulta, come essere sottoposti ad una seduta di cromoterapia ; sono i nostri stati d’animo, i nostri sentimenti e le nostre emozioni. Questo artista frequenta una pittura viva, forte e carica di speranza, un’astrattismo concreto, che è la rappresentazione raziocinante dell’armonia del colore e della natura attraverso la combinazione di forme che lasciano tutto all’immaginazione, cioè la capacità di rappresentare cose non presenti in atto alla sensazione, che coincidono con la fantasia, come i titoli che Passarello dà alle sue opere: Sole rosso, Sole giallo, I cavalieri dell’Apocalisse, Il viaggio verso l’Isola, Angel oppure I portali del tempo: colori da trasformare in immagini insieme al pensiero dell’artista.
Prof. Nuccio Mula
Diversi sono i momenti “in itinere” nei cinque lustri del proporsi/imporsi di Mario Passarello in un excursus creativo, sempre dinamico e fluidificante, che rappresenta l’autoproiezione di un mondo interiore nel segno di un “non finito”, in quanto espressione in “progress” di evolversi artistico ed esistenziale al tempo, ovvero di una simbiosi tra continua crescita personale ed intensissima ricerca segnico-formale e compositiva, all’insegna di un’energia indomabile:ed ogni sua opera è un “Big Bang” preceduto da un “count-down”, a sintetizzare/sincronizzare energie ed epifanie di visioni interiori (Matisse) che contrappongono universi paralleli di rivelazione a quelli di un reale mendace nella sua velata visibilità. Mario Passarello ci comunica e ci conferma di un supersegno creativo in cui altri orizzonti, altre forme, altre presenze, altre vite, altri sommovimenti e ribollimenti, impetrano ed esigono conoscenza.
Immediatezza del gesto (seppure eterodiretta da misteriosi spiriti-guida:anche qui il fascino di un’arte spesso unica e non mistificata, né mistificabile) nel vortice mitografico di visioni mixate attraverso inaspettati baricentri d’equilibrio tra spirali d’estro e dissolvenze incrociate, chimere d’appagamento nell’immane tentativo di ordinare il caos, rapidissime sedimentazioni di staticità appena percettibili dai due occhi fisici e dal “terzo occhio”, colori che ingravidano le servodimensioni dell’evocare e del realizzare:tutto è materia, tutto è memoria; e la materia è memoria.
Prof.ssa Margherita Biondo
…..è un pittore istintivo estremamente spontaneo e convincente, che condensa stati d’animo ed emozioni nelle vibrazioni di un pennello che dà chiara voce alla sua espressività. Riesce a trovare soluzioni originali in atmosfere suggestive avvolte da un tessuto cromatico forte, ma equilibrato. I suoi quadri sono elaborati accuratamente con una tecnica molto personale, dalle cui trasparenze emergono pulsioni che derivano da momenti di autentica ispirazione. Latenti riflessioni intrise di profondi sentimenti si mescolano a sfumature che simboleggiano la ritualità sotterranea del nostro modo di vivere. L’artista trova modo di esprimere la sua capacità creativa attraverso i movimenti nervosi delle pennellate, la manipolazione della materia e le forme che la stessa assume, con un linguaggio cromatico che richiama alla mente sensazioni di gioia e di dolore contemporaneamente. Ciò che lo spettatore osserva, lo induce a far nascere un pensiero costituito dalla necessaria associazione di idee legata ad una sottile presenza che accompagna la memoria.….la pittura usata come veicolo per la pace e per la giustizia nella manifestazione “Tutti diversi, tutti uguali” per la campagna europea contro il razzismo e la xenofobia, l’antisemitismo e l’intolleranza. E ancora, la partecipazione alla mostra “No alla violenza”, il cui scopo fu quello di propagandare l’arte e la cultura per condannare ogni forma di prevaricazione…..Le sue composizioni stimolano sensazioni immediate e in qualsiasi luogo emerge la rappresentazione dell’energia.
Tutte le opere sono infatti pervase da un sentore di energia mutevole col tempo, in movimento nella trasposizione di variegati colori. Osservandole attentamente si percepisce il movimento che comincia a vivere a secondo dello stato d’animo e viene trasfuso nella tela dove il pennello è già un limite a quello che la mente dello stesso autore cerca di approssimare…..materiale e immateriale sembrano mischiarsi insieme in una sintonia in cui la personalità dell’artista esplode nella possenza della sua sensibilità. Non si può esprimere un giudizio gratificante per l’opera di Mario Passarello e, per concludere il mio pensiero ritengo opportuno citare la seguente frase di Pablo Picasso: “Pittore non è colui che dipinge ciò che vede, ma colui che vede ciò che dipinge”.
Immediatezza del gesto (seppure eterodiretta da misteriosi spiriti-guida:anche qui il fascino di un’arte spesso unica e non mistificata, né mistificabile) nel vortice mitografico di visioni mixate attraverso inaspettati baricentri d’equilibrio tra spirali d’estro e dissolvenze incrociate, chimere d’appagamento nell’immane tentativo di ordinare il caos, rapidissime sedimentazioni di staticità appena percettibili dai due occhi fisici e dal “terzo occhio”, colori che ingravidano le servodimensioni dell’evocare e del realizzare:tutto è materia, tutto è memoria; e la materia è memoria.
Prof.ssa Marta Martini
Nei dipinti di Mario Passarello acqua, fuoco, terra si combinano in un’esplosione di luce. E’ nella luce che i blu si stemperano in splendidi azzurri, turchese, celeste e, come in teatro la luce confonde gli spettatori, facendo apparire sulla tela onde spumose che si infrangono su rocce scure e frastagliate, onde tanto alte da raggiungere nubi basse e rarefatte. Con grande forza narrativa questo autore racconta il suo mondo a chi guarda ed offre uno spazio dove tutto è possibile, come nei “Cavalieri dell’Apocalisse”, dove sullo sfondo una nave fantasma traghetta verso altre realtà. In molti dipinti, poi, appare una massa di fuoco che squarcia la tela, scalda le acque che dilagano dalla cornice e fa pensare a tutto ciò che è calore e forza primordiale.
Prof.ssa Rosetta Romano
La “cupio dissolvi” potrebbe essere il parametro referente del dislocarsi nello spazio e del differire nel tempo di Passarello, una pittura dilaniante, si direbbe perversa, nell’attualizzare momenti e situazioni per il mezzo delle dissonanze, delle aritmie angoscianti, delle rarefazioni verso il basso. Quasi una discesa nelle incandescenze del caos o degli inferi, dell’indistinto comunque in cui tutto si rivela oscuro torbido e minaccioso. I rossi cupi, le sbavature, il rincorrersi dei verdi in una sorta di meriggi affocati, significando il processo dell’io cognitivo, del suo relazionarsi a “l’altro da se”, appalesano una radianza epifanica e un evento; la agnizione dell’altrove nello smarrimento e la tutela di valori memorizzati più che esperiti nei rapporti reali.
Inespressività dentro l’espressionismo, o l’impeto dissacrante degli angeli caduti ?
La capacità imagopoietica si fa ambigua, devalorizza e converte in masse ed aculei i supporti dello sguardo (guardare nell’ammutinamento, vedere nello scandalo della percezione, graffiare un muro invalicabile di comunicazioni fallite); relega il senso della “pietas” nell’etica della colpa (la crocefissione) per restituire in vortici defiguranti la pregnanza conflittuale del nostro esistere e del nostro venire.